PETER DREHMANNS
L’Accompagnatore
Il 16 novembre al Pisa Book Festival si è tenuta la presentazione del romanzo L'accompagnatore (Odoya), con Carlo Bordoni, Riccardo Michelucci, giornalista e scrittore, Aart Heering dell'Ambasciata olandese e l'autore Peter Drehmanns.
In viaggio con Drehmanns, ma l'accompagnatore torna sempre solo
Fin dalle prime pagine i personaggi del romanzo di Peter
Drehmanns ci appaiono reali e familiari, prevedibili nei loro atteggiamenti e
nelle affabulazioni come se ci fossero ben conosciuti, così vivi benché diretti
verso la morte.
Eppure in questo romanzo non c’è la paura. È per questo che
diverte persino: ci sono lunghe pagine in cui si è portati a sorridere e a
dimenticare per quale motivo si trovino su quella Volvo V70.
Manca la paura della morte, la regina di tutte le paure, che
minaccia l’annientamento di ogni legame sociale e culturale. Ma per i tre
viaggiatori di Leo Zonderland, non c’è alcun legame da recidere. Nessun
rapporto sociale, nessuno che si aspetti qualcosa da loro, nessuno da amare o
da cui essere riamati. Per questo la morte non fa paura. Per questo non hanno
paura. La loro unica preoccupazione è quella di non soffrire. E a questo provvede
il collaudato protocollo della Sententia.
Sono essi i degni rappresentanti di un mondo globalizzato,
dove i rapporti umani sono frantumati, distorti, mediatizzati da una
tecnologia invadente che offre la falsa illusione di amicizie, confidenze e
infinite opportunità di stringere nuove relazioni. La “solitudine del
cittadino globale” lascia i più fragili spaesati, privi di certezze e di
speranze.
Per questo il romanzo di Drehmanns è di un’attualità
sconcertante e si può prefigurare come la distopia di un futuro imminente, dove
la distruzione di sé non sia una temibile evenienza, ma un’uscita di
sicurezza.
© Carlo Bordoni